Mangiare, è incorporare un territorio” lo diceva Jean Brunhes (geografo francese morto nel 1930).
Oggi ci interroghiamo tra innovazione, identità, creatività e mercato, stritolati da alluvioni di cibi e il loro racconto tutti uguali, creati più per stupire che per informare, più per ispirare che per dare valore..


Il cibo è espressione del territorio, lo racconta e lo valorizza ma contaminato dalle influenze esterne diventa altro, in un percorso di crescita che poi diventa tradizione (Gustav Mahler diceva “Tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri”, oggi giornata delle citazioni).


Perché mangiare non è solo incorporare un territorio ma anche le persone che lo abitano, lo contaminano, lo arricchiscono con la loro cultura.


Ecco perché il cibo come espressione di comunità ha senso, meno se diventa una omologata replica copia/incolla di modelli creati solo per abbattere i costi e monetizzare la fame chimica.
Questo è il bivio al quale siamo fermi e decidere bene oggi significa anche garantire la sopravvivenza e il futuro di quelle comunità.

Perché mangiare deve essere soprattutto incorporare una comunità e diventarne tessuto culturale comune di sviluppo e socialità.

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insopportabile

Ne ho le scatole piene, ma con eleganza.

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